IL PALEOLAGO DI TIMPONE PATASO A LIPARI.
Tra 125.000 e 80.000 anni fa, in prossimità del centro vulcanico di
Timpone Pataso (settore occidentale di Lipari) si è formato un lago,
del quale attualmente si osserva la sezione assiale. Il bacino è stato
progressivamente colmato dai depositi di materiale piroclastico
emesso dal cratere di Monte Sant’Angelo, disposti in strati primari intercalati
ad altri messi in posto a seguito di processi di rimobilizzazione
sin-deposizionale: questi ultimi contengono i resti delle piante
che crescevano sulle rive del lago. I fossili vegetali sono stati oggetto
di studio fin dalla prima metà dell’Ottocento. Delle tre specie legnose
riscontrate, soltanto la palma nana (Chamaerops humilis) è tuttora presente. L’alloro
(Laurus nobilis) è oggi assente allo
stato spontaneo, pur essendo diffusamente
coltivato nei giardini, e la sua
scomparsa potrebbe essere legata ai
cambiamenti climatici occorsi durante
gli ultimi 80.000 anni, in particolare,
al raffreddamento e all’inaridimento
generale verificatosi nel Mediterraneo
durante l’ultima glaciazione; il citiso
delle Eolie (Cytisus aeolicus) è invece
scomparso da Lipari in epoca più recente,
probabilmente a causa dell’intensa
deforestazione, ma sopravvive
con piccole popolazioni nelle isole di
Stromboli, Vulcano e Alicudi e rappresenta
uno tra i più importanti elementi
della flora endemica dell’arcipelago.
Le ricerche paleobotaniche sulle Eolie hanno preso avvio durante
il XIX secolo, grazie agli studi pionieri di Pietro Calcara, Antonio Prestandrea,
Juan Vilanova e, soprattutto, Enrico Pirajno di Mandralisca
e Charles T. Gaudin; questi ultimi hanno pubblicato nel 1860 il primo
lavoro scientifico esclusivamente dedicato ai fossili vegetali di Timpone
Pataso, descrivendo una nuova specie (Leguminosites robiniaeformis),
il cui effettivo status tassonomico rimane ancora da chiarire.
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