domenica 21 ottobre 2018

IL PALEOLAGO DI TIMPONE PATASO A LIPARI.


Tra 125.000 e 80.000 anni fa, in prossimità del centro vulcanico di Timpone Pataso (settore occidentale di Lipari) si è formato un lago, del quale attualmente si osserva la sezione assiale. Il bacino è stato progressivamente colmato dai depositi di materiale piroclastico emesso dal cratere di Monte Sant’Angelo, disposti in strati primari intercalati ad altri messi in posto a seguito di processi di rimobilizzazione sin-deposizionale: questi ultimi contengono i resti delle piante che crescevano sulle rive del lago. I fossili vegetali sono stati oggetto di studio fin dalla prima metà dell’Ottocento. Delle tre specie legnose riscontrate, soltanto la palma nana (Chamaerops humilis) è tuttora presente. L’alloro (Laurus nobilis) è oggi assente allo stato spontaneo, pur essendo diffusamente coltivato nei giardini, e la sua scomparsa potrebbe essere legata ai cambiamenti climatici occorsi durante gli ultimi 80.000 anni, in particolare, al raffreddamento e all’inaridimento generale verificatosi nel Mediterraneo durante l’ultima glaciazione; il citiso delle Eolie (Cytisus aeolicus) è invece scomparso da Lipari in epoca più recente, probabilmente a causa dell’intensa deforestazione, ma sopravvive con piccole popolazioni nelle isole di Stromboli, Vulcano e Alicudi e rappresenta uno tra i più importanti elementi della flora endemica dell’arcipelago. Le ricerche paleobotaniche sulle Eolie hanno preso avvio durante il XIX secolo, grazie agli studi pionieri di Pietro Calcara, Antonio Prestandrea, Juan Vilanova e, soprattutto, Enrico Pirajno di Mandralisca e Charles T. Gaudin; questi ultimi hanno pubblicato nel 1860 il primo lavoro scientifico esclusivamente dedicato ai fossili vegetali di Timpone Pataso, descrivendo una nuova specie (Leguminosites robiniaeformis), il cui effettivo status tassonomico rimane ancora da chiarire. 

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