venerdì 26 ottobre 2018

MUSEO ARCHEOLOGICO EOLIANO.

MUSEO ARCHEOLOGICO EOLIANO "LUIGI BERNABO' BREA"grande archeologo e Soprintendente della Sicilia Orientale (1939-1973).
.Il complesso museale sorge sul roccione riolitico del"Castello" di Lipari un'imponente cupola di formazione vulcanica con caratteristiche di fortezza naturale. Il Museo, costituito da sei padiglioni, che accolgono rispettivamente: la Sezione Preistorica, la Sezione Epigrafica, la Sezione delle Isole Minori, la Sezione Classica, la Sezione Vulcanologica, la Sezione di Paleontologia del Quaternario, documenta ed illustra, attraverso i complessi dei reperti esposti, gli insediamenti umani e lo sviluppo delle civiltà succedutesi, nell'Arcipelago Eoliano, dalla Preistoria alle soglie dell'Età Moderna.
Il percorso scientifico è agevolato dal ricco ed esaustivo apparato didattico.
Disponibili per la consultazione del pubblico sono inoltre, all'interno della Sezione Preistorica, della Sezione delle Isole Minori e della Sezione Classica, delle postazioni informatiche di facile accesso per quanti vogliano più ampi spunti di approfondimento, e sui complessi esposti nel Museo e sulle emergenze archeologiche e/o monumentali del Castello
Il percorso scientifico è agevolato dal ricco ed esaustivo apparato didattico. Disponibili per la consultazione del pubblico sono inoltre, all'interno della Sezione Preistorica, della Sezione delle Isole Minori e della Sezione Classica, delle postazioni informatiche di facile accesso per quanti vogliano più ampi spunti di approfondimento, e sui complessi esposti nel Museo e sulle emergenze archeologiche e/o monumentali del Castello.




PIANTA DEL MUSEO DI LIPARI.
1. Sezione preistorica 2. Sezione epigrafica 3. Sezione delle isole minori 4. Sezione di archeologia classica 5. Sezione vulcanologica 6. Sala di paleontologia del quaternario A: fortificazione di epoca spagnola B: Cattedrale di S. Bartolomeo e monastero C: Chiesa della Madonna delle Grazie D: Parco archeologico E: Chiesa di Maria SS Immacolata F: Chiesa di Maria SS Addolorata G: Chiesa di Santa Caterina.


martedì 23 ottobre 2018

LIPARI - PELLICANO SULLA SPIAGGIA -

Sono rarissimi i casi , se ne contano solo due , al Centro recupero Fauna Selvatica di Catania, di ritrovamento in Sicilia di pellicani. Una caso raro , dunque, il ritrovamento lungo il litorale di Marina Lunga a Lipari , di un esemplare di pellicano, ferito nella parte interna di una coscia. Ad accorgersi del volatile, riconoscibile dalla tipica borsa gulare, posta al di sotto del becco, per accumulare il pesce catturato, alcuni operai che stanno realizzando i lavori del lungomare. Si tratta di un volatile piuttosto grosso, che presenta una massiccia struttura corporea, e con un’imponente apertura alare. Potrebbe trattarsi di un esemplare proveniente dalle vicine Turchia o Grecia. Probabilmente è finito alle Eolie, perché ha seguito la rotta di qualche imbarcazione di pescatori. A recuperarlo alcuni operai che hanno immediatamente chiamato i marinai della guardia Costiera. Successivamente sono stati allertati anche il comandante della locale forestale Carmelo Maieli e il veterinario dell’Asl Nino Calabrò. Dopo averlo visitato il sanitario ha deciso di trasferirlo personalmente a Milazzo, dove lo stesso animale è stato prelevato da un agente dell’Azienda Forestale demaniale che lo ha portato presso un centro specializzato di fauna selvatica pressi dei Colli Sarrizzo sopra Messina. 
, a cura di Tiziana Medda
Data notizia: 09/02/2008


domenica 21 ottobre 2018

IL PALEOLAGO DI TIMPONE PATASO A LIPARI.


Tra 125.000 e 80.000 anni fa, in prossimità del centro vulcanico di Timpone Pataso (settore occidentale di Lipari) si è formato un lago, del quale attualmente si osserva la sezione assiale. Il bacino è stato progressivamente colmato dai depositi di materiale piroclastico emesso dal cratere di Monte Sant’Angelo, disposti in strati primari intercalati ad altri messi in posto a seguito di processi di rimobilizzazione sin-deposizionale: questi ultimi contengono i resti delle piante che crescevano sulle rive del lago. I fossili vegetali sono stati oggetto di studio fin dalla prima metà dell’Ottocento. Delle tre specie legnose riscontrate, soltanto la palma nana (Chamaerops humilis) è tuttora presente. L’alloro (Laurus nobilis) è oggi assente allo stato spontaneo, pur essendo diffusamente coltivato nei giardini, e la sua scomparsa potrebbe essere legata ai cambiamenti climatici occorsi durante gli ultimi 80.000 anni, in particolare, al raffreddamento e all’inaridimento generale verificatosi nel Mediterraneo durante l’ultima glaciazione; il citiso delle Eolie (Cytisus aeolicus) è invece scomparso da Lipari in epoca più recente, probabilmente a causa dell’intensa deforestazione, ma sopravvive con piccole popolazioni nelle isole di Stromboli, Vulcano e Alicudi e rappresenta uno tra i più importanti elementi della flora endemica dell’arcipelago. Le ricerche paleobotaniche sulle Eolie hanno preso avvio durante il XIX secolo, grazie agli studi pionieri di Pietro Calcara, Antonio Prestandrea, Juan Vilanova e, soprattutto, Enrico Pirajno di Mandralisca e Charles T. Gaudin; questi ultimi hanno pubblicato nel 1860 il primo lavoro scientifico esclusivamente dedicato ai fossili vegetali di Timpone Pataso, descrivendo una nuova specie (Leguminosites robiniaeformis), il cui effettivo status tassonomico rimane ancora da chiarire. 

LIPARI -CAVE DI CAOLINO -

FOSSILE DI PALMA NANA A LIPARI. - FOSSILE DI FOGLIA D'ALLORO -

Le cave di caolino, oggi abbandonate ma utilizzate già in epoca greca, si aprono sul versante occidentale dell'isola, a poca distanza dall'abitato rurale di Quattropani, affacciandosi sui "timponi" (le formazioni più antiche di Lipari, emerse circa 220.000 anni fa). Il sentiero costeggia le pareti della cava, dove antiche fumarole hanno prodotto vistose policromìe, frutto delle alterazioni delle rocce, un campo fumarolico tuttora attivo, che testimonia come l'isola sia ancora oggi interessata da attività vulcanica, e le pareti tufacee di Timpone Pataso, dove si osservano i depositi stratificati che hanno riempito il lago che esisteva intorno a 100.000 anni fa.Tra le specie fossili più comuni la palma nana, ancora oggi piuttosto diffusa nella zona tanto da averne ispirato il toponimo Palmeto.





















FOSSILE DI PALMA NANA A LIPARI.

I tufi di Tampone Pataso hanno restituito importanti testimonianze fossili relative alle piante che crescevano attorno al paleo lago."Questi reperti conservati nelle collezioni di vari musei geologici (Lausanne,Madrid,Palermo),sono stati oggetto di intenso studio fin dall'ottocento.....Alcuni campioni sono esposti nel castello di Lipari."Fonte:
naturalista Pietro Lo Cascio.





CURIOSITA' SULLA PALMA NANA.- CHAMAEROPS HUMILIS.
Il nome del genere Chamaerops deriva dal greco khamai (piccolo o prostrato) e rhops (cespuglio), in riferimento al portamento contenuto della pianta.
Le palme sono piante molto antiche e la loro origine, datata attraverso i resti fossili, risale a circa 145 milioni di anni fa. L’esemplare più vecchio, piantato nel 1585, si trova nell’orto botanico di Padova ed è noto come palma di Goethe in quanto lo scrittore tedesco affascinato dalla sua bellezza ha voluto dedicarle il famoso saggio Metamorfosi delle piante.









Una foglia di alloro nelle ceneri delle eruzioni di Monte S.Angelo.(piroclastiti a foglie).


Sulla parete di Bagnosecco i livelli di selce si alternano regolarmente agli strati di cenere vulcanica. Probabilmente, gli stessi prodotti caldi causarono le condizioni di sovrasaturazione dell'acqua e la precipitazione della silice sul fondo del lago. Alla base della parete formata dai materiali che riempivano il bacino, si trova ancora una sorgente di acqua satura in silice.











giovedì 18 ottobre 2018

LIPARI -MONTE GUARDIA -

                         -Monte Guardia -

L'evidenza di una natura vulcanica ancora viva sono le fumarole con temperature di 80-90°C, diffuse soprattutto nella zona occidentale dell'isola, fra Timpone Pataso e Timpone Ospedale e nel Vallone Ponte. I gas hanno trasformato i minerali dei prodotti vulcanici in caolino, un materiale già scavato e usato dai Greci nella fabbricazione di vasellame.


LIPARI.

                                    LIPARI.

Lipari, la più ampia delle Isole Eolie con poco meno di 38 km2 di superficie, è la parte emersa di diversi vulcani, la cui base si trova a circa 1000 m di profondità. 
L'attività vulcanica sopra il livello marino è iniziata circa 223.000 anni fa e si è protratta fino al VI sec. d.C. Non ci sono elementi che indicano probabili nuove eruzioni ma, data la longevità dei vulcani, la possibilità, per quanto remota, non è completamente esclusa.



FOTO DI ALICUDI.

                                   Isola di Alicudi vista dal mare.


                                                                                                       

                                  ALICUDI        VISTA DALL'ALTO.                           













                                                                  
                                 

                                 Alicudi :Scoglio Galera                         








                                          ALICUDI PORTO                                                . 





                        





                                         

domenica 7 ottobre 2018

ETA' PREISTORICA .

Alicudi .
Abitata sin dalla preistoria ed in età ellenistica,conserva qualche memoria del passato nei resti di un insediamento della prima metà del bronzo,XVI e XVII a.C.,che si estendeva vicino allo scoglio di Palumba.
La piccola isoletta di Alicudi è stata famosa, in passato, come Ericusa, che deriva dal greco Ἐρικοῦσα e significa “ricca di erica”. L’isola ne è ricoperta e questa pianta è parte integrante della storia e della vita dei suoi abitanti, i quali la utilizzavano per poter costruire le coperture per le capanne e utilizzare le sue radici per creare fornelli da pipa. L’erica è presente ancora oggi sulle pendici e nelle inaccessibili valli del cono vulcanico. Come le sue sorelle dell’Arcipelago Eoliano, Alicudi è di origine vulcanica ed è costituita, prevalentemente, dal vulcano della Montagnola, nato più di 150.000 anni fa dopo diverse eruzioni effusive ed esplosive. Le prime testimonianze trovate sull’Isola risalgono all’età del bronzo, XVIII-XVI secolo a.C., e sono state riportate alla luce nella zona del porto adiacente allo scoglio Palumbo ed in cima al Filo dell’Arpa; sono visibili i segni di un centro abitato, insieme ad altri ritrovamenti della stessa epoca. Le tracce rinvenute in concomitanza dell’attuale porto e sulla sommità dell’Isola, indicano che anche Alicudi fosse già abitata fin dal neolitico. Frammenti di età preistorica, probabilmente risalenti alla cultura di Capo Graziano del II millennio a.C., sono stati rinvenuti sul suolo dell'Isola; anche ceramiche di età ellenistica e romana sono state ritrovate sulla costa orientale e nei fondali marini e sono a testimonianza della presenza di villaggi dediti all’agricoltura. Inoltre, nel 1975, sono stati recuperati numerosi utensili, segno che i primi abitanti fossero specializzati nelle attività della pesca e abili nelle coltivazioni. Nella località di Fucile sono stati ritrovati diversi sarcofagi, composti da lastre di pietra lavica, contenenti corredi funerari composti da fittili, vasi preziosi e lucerne, che risalgono al IV secolo a.C..

ALICUDI.


Si staglia a occidente l’ultima delle Eolie, un triangolo roccioso circondato di blu, un masso corposo e spinoso, non proprio accogliente, ma capace di intrappolare l’anima di coloro che s’avventurano.
Così la descrive ELIO ZAGAMI :
......."Sappiate che c'è un'isola remota,ma remota davvero.Si chiama Alicudi. Quando sei nell'isola,quando vuole lei,a volte si spinge indietro e lontano diventando così improvvisamente remota da lasciarti esiliato con lei...." 
Posta nel punto più occidentale dell'Arcipelago eoliano,"confine di confini" (A.Rosa Raso ),nell'eden incantevole di Alicudi il tempo scorre molto lentamente;  non esistono strade asfaltate ma viottoli e mulattiere e da tempi remoti è l'asino il mezzo di trasporto pressocchè utilizzato.; la pesca e il turismo rappresentano le uniche fonti di sostentamento degli abitanti.






L'isola di Alicudi è la più occidentale dell'arcipelago eoliano e si trova a circa 34 miglia marine (quasi 63 km) a ovest di Lipari. È dominata dal monte Filo dell'Arpa, il cui toponimo deriva dal termine dialettale arpa o arpazza col quale si indica la poiana. La pianta dell'isola è quasi circolare, con superficie di circa 5 km², con coste ripide ed aspre, e costituisce la parte emersa, dai 1.500 m di profondità del fondo del mare fino ai 675 m s.l.m. del punto culminante, di un vulcano spento, sorto attorno a 150.000 anni fa e rimodellato da successive eruzioni e fenomeni quaternari. L'isola è abitata solo sul versante meridionale, digradante verso il mare in lenze (stretti appezzamenti), sostenute da muri a secco. Questo versante, significativamente antropizzato a scopi abitativi e colturali, risulta meno scosceso di quello opposto, battuto dai venti e continuamente soggetto a fenomeni erosivi e conseguenti frane, dette sciare (dal plurale sciari in lingua siciliana). L'Isola dell'erica era abitata nel dopoguerra da oltre 600 persone, in gran parte poi emigrate in Australia. Attualmente la popolazione conta meno di cento residenti che, però, diminuiscono notevolmente nel periodo invernale.Alicudi fu abitata dal Neolitico, come attestato da tracce rinvenute presso l'attuale porto e sulla sommità dell'isola. Al IV secolo a.C. sono datate alcune sepolture a lastre di pietra lavica rinvenute in località Fucile nel 1924, con corredo funerario di lucerne e vasi fittili. Frammenti di vasellame di età romana si rinvengono sulla costa orientale dell'isola.























                                11 maggio 1984
La rivolta di Alicudi
L’11 maggio 1984 la stampa nazionale accende i suoi riflettori su Alicudi, l’isola è da una decina di giorni in rivolta e si prepara ad uno sciopero della fame.
Ma andiamo per ordine:
Il 30 aprile il comitato di protesta di Alicudi invia un dettagliato promemoria al Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, sui problemi irrisolti dell’isola. Nei successivi giorni i cittadini decidono un volontario isolamento e non consentono l’accosto a Scalo Palomba di navi ed Aliscafi. Le uniche notizie vengono irradiate da Radio Arcipelago Eoliano attraverso collegamenti telefonici.
15 MAGGIO 1984.
Così Pertini rispondeva al Comitato di agitazione dell'isola:
"SONO CON VOI,ALLA GENTE CHE PROTESTA ESPRIMO TUTTA LA MIA SOLIDARIETA' E MI AUGURO CHE I VOSTRI PROBLEMI AL PIU' PRESTO POSSANO ESSERE RISOLTI".
Contestualmente alla vicinanza umana,il Presidente Pertini ,agiva subito per via istituzionale.Alicudi ebbe così un suo più agevole molo e potè contare sul sistema autonomo per l'elettrificazione.




(ANSA) - Lipari.
-Nell'anniversario della Liberazione,(25 aprile 2017) l'amministrazione comunale di Lipari ha deciso di intitolare a Sandro Pertini il porto di Alicudi. Nell'84 gli abitanti dell'isola eoliana si rivolsero al presidente della Repubblica, denunciando le loro difficoltà, causate soprattutto dalla mancanza di un approdo sicuro. Il lungomare di Alicudi sarà invece intitolato a un isolano scomparso prematuramente, Egidio Russo.
Al municipio è avvenuta la consegna al sindaco Marco Giorgianni di una targa commemorativa da parte del professor Enrico Cuccodoro, coordinatore nazionale dell'Osservatorio per la libertà e la giustizia sociale "Sandro e Carla Pertini".
"Gli abitanti di Alicudi - ha affermato il sindaco di Lipari - furono grati a Pertini che volle portare a soluzione, con il suo stile vigoroso e risoluto, gli annosi problemi che affliggevano la gente di una delle isole più disagiate dell'arcipelago".


 Enrico Cuccodoro è professore di Diritto costituzionale nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo e docente di Diritto regionale nella Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bari. Coordina l’Osservatorio Istituzionale per la Libertà e la Giustizia Sociale “Sandro Pertini”.



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venerdì 5 ottobre 2018

ELEMENTI ARCHITETTONICI DELLE CASE EOLIANE.



Bagghiu
Il bagghiu (baglio) è una terrazza che si apre di fronte alla casa, larga quanto l'abitazione e con una lunghezza all'incirca pari all'altezza della casa stessa. Tale spazio può essere utilizzato per i momenti di rilassamento all'aria aperta e per lavori tipici quali l'essiccazione dei fichi e dell'uva passa.


Bisola e pusaturi
I bisola sono muretti di pietra che delimitano la terrazza; fungono da sedili e sono spesso maiolicati. Alle estremità, si raccordano con le pulèra tramite una sezione a quarto di luna detta pusaturi di forma idonea a poggiare la testa se ci si sdraia sui bisola.

Pulèra
Le pulèra sono colonne di forma cilindrica, a sezione costante, poste ai margini della terrazza. Sostengono la loggia.

Loggia
La loggia è un'orditura di travi in legno che poggia sulle pulera ed è ricoperta da canne e viti rampicanti (o di assi in molte delle case moderne). Funge da copertura per il terrazzo e, nel periodo di maturazione, offre grappoli d'uva a chi desideri coglierne. È posizionata più in basso rispetto al tetto dell'abitazione

Astricu
L'astricu è il tetto, perfettamente orizzontale, sostenuto da travi lignee e composto dal cosiddetto battuto solare. Tale materiale è fatto di calce e lapilli vulcanici, sbattuti a lungo con pestelli di legno. Il battuto solare isola la casa tanto dal freddo invernale quanto dalla calura estiva. Il tetto è di solito utilizzato per la raccolta dell'acqua piovana, tramite grosse anfore o raccogliendo direttamente l'acqua che cade sul tetto.

Pila e princu
Situata all'esterno dell'abitazione, la pila è una vasca per lavare i panni, con il princu, un lavatoio in pietra lavica da appoggiare sulla pila stessa.

Furnu
Il forno, utilizzato per la cottura del pane e dei dolci, è a forma di cupola, posizionato al lato della terrazza sopra un basamento usato per custodire la legna da ardere.

Vagnu
Il bagno in passato era posizionato solitamente all'esterno della casa (sul lato nord della casa stessa, per evitare i venti gelidi), ma in costruzioni a due piani poteva essere al piano di sotto rispetto alle stanze dell'abitazione. Nelle case moderne invece il bagno è situato all'interno dell'appartamento.

 



 
 

Muli su una strada di Alicudi. Sullo sfondo una casa eoliana con visibili gli elementi principali: bagghiu, bisola, pulera e loggia. A sinistra si nota invece il tetto (astricu) di un'altra casa, liscio ed idoneo a raccogliere l'acqua piovana.

L'ARCHITETTURA RURALE DELLE EOLIE.


L' architettura eoliana venne fortemente influenzata da quella campana del XVI secolo, che in seguito ad una migrazione si innestò su una precedente architettura di tipo greco-romano e islamico. Nei secoli scorsi essa aveva di solito un solo vano a forma cubica o di parallelepipedo, con una sola porta d'entrata e due finestrelle tonde dotate di sbarre ai lati dell'ingresso. Era insomma una costruzione che rispondeva soprattutto ad esigenze di difesa dai pericoli esterni, in particolare eventuali invasioni o scorribande di nemici provenienti dal mare. All'interno della casa, nell'unico vano stava da una parte l'angolo cottura (detto cufularu) e dall'altra i letti. In seguito, quando le esigenze di difesa si fecero meno pressanti, si cominciarono a costruire anche abitazioni a più vani in fila, dotate di finestre più grandi e senza sbarre.
Oggi, la casa eoliana ha la forma di un cubo modulare cui possono essere aggiunti orizzontalmente o verticalmente altri cubi. Ciò che ne risulta è una costruzione a forma di parallelepipedo a uno o due piani, forata da numerose porte e finestre per permettere il passaggio dell'aria. I materiali edilizi sono generalmente pietre o calce, senza l'uso di cemento. Vengono di solito utilizzati, soprattutto nelle case più antiche, anche materiali di origine locale: blocchi di pietra lavica per le fondamenta, pomice per le mura esterne, tufo per il pavimento delle terrazze. La casa eoliana moderna si configura quindi come un'abitazione decisamente aperta verso l'esterno e il vicinato, anche grazie alle condizioni climatiche che rendono possibile la vita all'aperto in tutte le stagioni dell'anno.





Le case tipiche delle isole Eolie (Lipari, Salina, Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi, Panarea), fortemente condizionate da fattori ambientali oltre che dall’influenza dell’edilizia Campana e di quella del Mediterraneo orientale, sono state costruite e si sono evolute nel tempo per garantire un comfort abitativo anche in condizioni climatiche svantaggiose, e in modo da resistere al meglio a terremoti di varia intensità, in un’area caratterizzata da una sismicità piuttosto elevata.

La struttura della casa eoliana, che si è sviluppata dapprima in verticale tipo torre, e poi in orizzontale, è il risultato dell’adattamento nel tempo al clima locale, alla scarsità d’acqua e al suolo vulcanico che caratterizzano le isole.
Tipicamente le strutture delle case venivano realizzate con un sistema modulare di celle cubiche dal tetto piatto (detto astricu), a cui si affiancavano secondo le esigenze altri elementi cubici indipendenti, che non erano comunicanti tra di loro ma erano aperti sul bagghiu, il terrazzo-cortile caratteristico di queste abitazioni, che era il cuore della casa e il punto d’incontro per la vita sociale della famiglia.




CASA EOLIANA.
Da notare la forma cubica, il colore bianco, la terrazza (bagghiu) delimitata dai bisola e dalle colonne (pulera). La loggia appare qui priva della copertura che permette di fare ombra. Sul tetto, due anfore per la raccolta dell'acqua piovana.





l bagghiu tradizionale consisteva in un terrazzo, sempre coperto da un pergolato sorretto dalle pulere – i pilastri tradizionali – sul quale di solito cresceva la vite. Tutt’attorno alla terrazza erano disposti i sedili in muratura, detti biseli e vi era anche un forno a cupola per la panificazione (il furnu); inoltre, al bagghiu, erano raccordati tutti I percorsi che conducevano alla casa, ovvero la cucina, le stalle, l’ovile, la tettoia per il ricovero estivo degli animali, gli essiccatoi per l’uva e per i pomodori, i magazzini e il lavatoio. Il bagghiu era il cuore della casa eoliana perché era lì che la famiglia passava il tempo insieme, il posto dove si mangiava, si lavavano i panni con l’acqua della cisterna, si riposava e si faceva appassire l’uva sui cannizzi.


PANORAMA DA UNA CASA DI PANAREA.

 Si nota il bagghiu, con i bisola (qui non maiolicati) per sedersi o sdraiarsi, una delle pulera che reggono la loggia (qui priva di copertura) ed un'anfora. Verso il mare si nota un'altra casa edificata secondo lo stile eoliano, ma a due piani.


mercoledì 3 ottobre 2018

MALVASIA DELLE LIPARI


Le isole Eolie furono colonizzate dai Greci, intorno al 580 a.C.; 
Ritrovamenti a Lipari di monete antiche (V-IV sec. a.C. ) recanti l’immagine di tralci e di grappoli testimoniano le antiche origini e l’importanza economica della viticoltura in questa zona geografica. Lo storico Diodoro Siculo parla di una colonia greca, che nel 588-577 a.C. avrebbe importato a Lipari un vitigno che prese il nome di Malvasia, ma non si è certi che tale vitigno sia l’attuale Malvasia di Lipari.
Una delle prime testimonianze della produzione vitivinicola delle Eolie è di A. Bacci che nel 1596 afferma che “ …l’isola di Lipari è sparsa di fecondi colli, che per l’interno calore del suolo danno un vino sincero…..”
Si riferiscono a questo vino e alla cultivar diffusa nell’arcipelago il conte Odart (1859) ed il Barone Mendola di Favara (1868).
Nel 1890 Guy de Maupassant nella sua “La vita errante” descrive l’isola di Salina ed il suo vino così “mentre tornavo, avevo scoperto dalla barca un’isola nascosta dietro Lipari. Il battelliere la chiamò Salina. Lì si produce il vino di Malvasia. Volli bere… una bottiglia del celebre vino….E’ proprio il vino dei Vulcani, denso, zuccherato, dorato …”
Nel 1900 il vino fu presentato all’esposizione di Parigi dove ricevette un premio.
Nel 1933 fu portato alla prima “mostra dei vini tipici di Siena”, dove fu definito “d’aroma squisito”.
Dopo un calo di produzione negli anni 50 e 60 a partire dalla fine degli anni ottanta c’è stata una forte ripresa della viticoltura eoliana sotto la spinta di alcuni illuminati produttori; la storia recente è caratterizzata da una evoluzione positiva della denominazione, con l’impianto di nuovi vigneti, la nascita di nuove aziende, la professionalità degli operatori che hanno contribuito ad accrescere il livello qualitativo e la rinomanza della DOC “Malvasia delle Lipari”, come testimoniano i riconoscimenti in campo nazionale ed internazionale dei vini a DOC “Malvasia delle Lipari” prodotti dalle aziende della zona geografica di riferimento. E’ stata una delle prime DOC ad essere riconosciuta in Sicilia con Decreto del Presidente della repubblica (Dpr) del 20 settembre 1973.MALVASIA DELLE LIPARI.


VITIGNO DELLE EOLIE.

CORINTO NERO.
Il Corinto Nero è un vitigno a bacca rossa originario della Grecia, ma presente in tutto il Mediterraneo. Arriva alle Isole Eolie tra il 588 ed il 577 a.C. durante la colonizzazione ellenica. Si tratta di un vitigno dalle rese basse, dalla foglia media, cuneiforme e tribolata; il grappolo è piccolo, corto, mediamente compatto e può essere spargolo, cilindrico ed alato, l’acino è piccolo, sferoidale ed a sviluppo partenocarpico e la buccia è pruinosa, di colore violetto. In passato, le uve, totalmente essiccate, del Corinto Nero sono state utilizzate interamente per la produzione dell’uva Passolina. Non viene coltivato nell’Arcipelago Eoliano solo per entrare per il 5-8% nella composizione della Malvasia delle Lipari, ma anche per vinificarlo secco in purezza ed ottenere, così, altri vini interessanti. Ad esempio, il Nero Ossidiana 2012 prodotto dalla Tenuta Castellaro sull’Isola di Lipari o il Nero du Monti prodotto da Nino Caravaglio.